La Rete dei Complessi Monumentali di Ateneo comprende:
Sede del Rettorato e della Facoltà di Lingue e letterature straniere, è un antico convento domenicano edificato nel XIII secolo, periodo del suo massimo splendore.
La vicenda edilizia comincia con l’acquisto da parte di Raniero Capocci, giovane curiale viterbese di nobile famiglia, della piccola cappella di S. Croce, che Raniero pone con prima pietra dell’edificazione di un vero e proprio complesso conventuale, che verrà poi donato ai domenicani. È il XIII secolo. Sono gli anni di papa Innocenzo III, dell’imperatore Federico II. Sono gli anni di massimo splendore della città di Viterbo, in piena espansione edilizia e culturale, punto nodale dei traffici commerciali e dei percorsi dei pellegrini verso i luoghi santi.
Della maestosa struttura, rimaneggiata nel corso del secolo, ma di cui è evidente ancora oggi l’articolato sviluppo, resta in forma originaria solo il chiostro medievale. Il secondo chiostro annesso al complesso monumentale, in origine anch’esso in forme gotiche, nel suo aspetto attuale risale alla seconda metà del XVII secolo.
La chiesa nel suo primo aspetto era di forme modeste e con campanile a vela. Il portico fu costruito nel XV secolo, e vari furono negli anni gli interventi, soprattutto nella decorazione interna dell’edificio. Nella prima metà del XVIII secolo la ricostruzione in forme barocche ad opera dell’architetto Nicola Salvi.
Presso la Sala Mostre del Rettorato sono custoditi due sarcofagi etruschi, in deposito temporaneo dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale. Il primo è un coperchio di sarcofago in tufo, raffigurante una figura femminile distesa, ma con il busto eretto, che con il braccio destro piegato sorregge una patera. L’altro è un coperchio di sarcofago in nenfro, con figura maschile distesa, il busto eretto e il braccio sinistro che poggia sul cuscino; anche qui il braccio destro sostiene la patera. Un’iscrizione etrusca è incisa sul margine anteriore del coperchio.
Oggi sede della Facoltà di Economia, il complesso risale ai primi anni del XIII secolo, quando sorse per ospitare i monaci cistercensi. In origine il sito ospitava una chiesa dedicata a S. Michele, appartenente ai monaci di Farfa. Poi fu monastero di monache, e dal XV secolo vi si insediarono i francescani, fino al 1870.
L’edificio fu rimaneggiato più volte nel corso dei secoli, tanto che la chiesa perse ben presto il suo aspetto duecentesco. Pressoché integra è invece la lettura stilistica del chiostro, in cui è possibile recuperare l’evidente vicinanza storica con la coeva loggia del Palazzo Papale di Viterbo. Vi appaiono infatti le trifore composte dai caratteristici archetti acuti sorrette da colonnine binate, intervallati da pilastri, come, in forme simili, proprio nella loggia papale, in ciò che resta del chiostro dell’abbazia di S. Martino al Cimino, nel chiostro medievale di S. Maria in Gradi e in quello della chiesa di S. Maria della Verità, oggi Museo Civico. Ma gli archi e le colonne di S. Maria del Paradiso ci appaiono più gravi e imponenti.
Gli affreschi delle lunette risalgono alla prima metà del Seicento, e sono opera di Angelo Pucciati.
Sede della Facoltà di Scienze Politiche, il complesso nei suoi vari edifici storici, oggi ristrutturati, ebbe origine dall’antica chiesa di S. Nicola degli Scolari, che da documenti del 1152 risulta dipendente dall’abbazia di Farfa. Restano dell’antico edificio il campanile a vela e la facciata dalla caratteristica decorazione a freccia. La struttura interna presenta tre grosse colonne che sostengono tre archi; restano tracce di un affresco di fine Quattrocento raffigurante la Vergine.
Nel 1593 la chiesa subì una ristrutturazione che ne ha trasformato per lungo tempo la struttura interna: infatti, a causa dell’umidità, l’altezza della chiesa venne dimezzata, con la creazione di un nuovo pavimento.
Nel 1619 la chiesa, insieme all’orto e al chiostro della casa attigua, passò alla Confraternita di S. Carlo, che vi aprì un ospizio per gli invalidi e gli infermi, anche grazie alla donazione generosa del nobile Agostino Nini. Nel 1639 il complesso passò alla Congregazione degli Oblati di Maria, e anche la chiesa e l’ospizio – e la via, che era dedicata anch’essa a San Nicola – presero il nome di S. Carlo.
Nel 1870, con la soppressione degli ordini religiosi, lo Stato incamerò chiesa e beni dell’Istituto, che fu poi ceduto al Comune di Viterbo.
Responsabile scientifico: prof.ssa Maria Raffaella Menna
tel. 0761 357685
mrmenna@unitus.it
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