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Il primo evento di UN Global Compact Network Italia

Il ruolo del Business nella tutela della biodiversità e delle risorse idriche

Il 29 novembre 2024 si è tenuto, presso la Borsa di Milano, il primo evento organizzato da UN Global Compact Network Italia (UNGCNI) – con il supporto di Enel Group nel ruolo di Sponsor – volto ad approfondire il contributo del settore privato alla conservazione, alla valorizzazione e all’uso responsabile del capitale naturale (inteso come biodiversità e acqua).

Questo tema è sempre più prioritario nelle agende del business ed è estremamente interconnesso al contrasto ai cambiamenti climatici. Perdita di biodiversità, acqua e cambiamenti climatici sono, infatti, crisi gemelle che vanno affrontate in modo congiunto: l’aumento delle temperature e dei fenomeni meteorologici estremi provocano trasformazioni negli habitat e perdita dei servizi ecosistemici. A sua volta, questa riduzione del capitale naturale inasprisce gli effetti del cambiamento climatico, aumentando gli impatti negativi reali e potenziali.

In apertura, Daniela Bernacchi, Executive Director di UNGCNI ha affermato che perdita di biodiversità, collasso degli ecosistemi e scarsità di risorse naturali sono stati identificati tra i rischi ambientali percepiti più urgenti dal settore privato nei prossimi dieci anni secondo l’ultimo Global Risks Report lanciato dal World Economic Forum a gennaio 2024 e richiedono una transizione dei modelli di business in chiave sostenibile per essere affrontati. Le aziende, sebbene già sulla buona strada in termini di impegni e iniziative messe in atto, scontano ancora un gap di competenze su queste tematiche nuove complesse, nonché l’assenza di linee guida omogenee in materia di standard di rendicontazione (anche se la CSRD ha definito un ESRS specifico su “Biodiversità ed ecosistemi”).

Francesco Bicciato, Executive Director del Forum per la Finanza Sostenibile, ha poi ricordato che, secondo il World Economic Forum, la metà del PIL mondiale (ovvero circa 44 mila miliardi di dollari) dipende dalla natura e dalla presenza di ecosistemi sani. Inoltre, i rischi legati alla perdita di biodiversità – fisici e di transizione – rappresentano anche rischi di carattere finanziario, di credito, di liquidità, operativi e di mercato. Per questo, le banche centrali e i supervisori, attraverso il Network for Greening the Financial System, hanno definito un quadro per analizzare i rischi finanziari legati alla natura. Molteplici sono gli approcci che le aziende possono adottare per includere la biodiversità nella finanza, che partono dalla valutazione di rischio e impatto fino all’engagement attivo con gli investitori.

Esperti di enti accademici di alto profilo, quali Scuola Superiore Sant’Anna, Università Ca’ Foscari, Università della Tuscia e Venice International University (VIU) hanno offerto spunti teorici utili a inquadrare le due tematiche, in modo da condividere evidenze scientifiche e definire un framework comune di riferimento nell’approccio delle aziende a questi argomenti.

Francesco Cerini, Ricercatore nel Dipartimento di Ecologia e Biologia dell’Università della Tuscia, ha sottolineato come la biodiversità sia un concetto complesso e multidimensionale, ed è necessario comprenderne ed approfondirne tutti gli aspetti per poter elaborare politiche e obiettivi – pubblici e aziendali – efficaci. Tra i driver principali responsabili della crisi della biodiversità vi sono i cambiamenti climatici, l’inquinamento delle acque (pesticidi, micro e macroplastiche, residui di sostanze chimiche) e il sovrasfruttamento delle risorse, questioni su cui il settore privato può avere un impatto enorme, in termini sia negativi sia positivi. È importante agire sulla biodiversità per preservare la conservazione della nostra specie e tutelare la produzione di servizi ecosistemici, fondamentali per il benessere dell’uomo e delle attività economiche. La biodiversità ha anche un valore intrinseco, che riguarda gli aspetti culturali, spirituali e simbolici, che devono essere presi in considerazione all’interno di ragionamenti più di carattere economico.

Edy Fantinato ha continuato l’approfondimento sulla biodiversità, soffermandosi sul quadro normativo europeo. Le aree protette rappresentano il principale strumento nelle politiche di conservazione della natura e sono al centro della Direttiva Habitat lanciata dall’Unione Europea nel 1992. Ad oggi, l’81% degli habitat in Europa versa in un cattivo stato di conservazione e numerosi studi evidenziano come le superfici protette siano insufficienti, la gestione spesso inefficace e le crescenti pressioni antropiche mettano a rischio gli obiettivi di conservazione. Per affrontare questa situazione preoccupante, ad agosto 2024 è entrata in vigore la Restoration Law sul ripristino della natura. La biodiversità e la natura sono, inoltre, due sotto-progetti del Programma LIFE, il principale strumento finanziario dell’Unione Europea per la protezione dell’ambiente e la lotta contro i cambiamenti climatici. Tutti questi strumenti promuovono l’approccio di rete, che si basa sulla creazione e gestione di sistemi ecologici interconnessi (con la partecipazione anche di privati), ed è cruciale per garantire la continuità ecologica e la mobilità delle specie, migliorando la resilienza degli ecosistemi e favorendo la biodiversità a lungo termine.

Marco Frey, Direttore, Centro Interdisciplinare sulla Sostenibilità e il Clima, Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e Presidente, UNGCNI, ha introdotto il segmento “acqua”, sottolineando il ruolo centrale di questa risorsa per il business: ha utilizzi multipli e spesso viene percepita in ottica di competizione tra i diversi settori. Vi è una relazione di impatto/dipendenza del sistema economico dalla biodiversità e dagli ecosistemi, nei quali l’acqua è un aspetto fondamentale. Questa connessione è stata ampliamente analizzata in letteratura e approfondita anche in una pubblicazione del Global Compact Network Italia risalente al 2015, all’interno della quale veniva affrontato anche in termini avanguardistici come l’attenzione alla biodiversità e ai servizi ecosistemici abbia un impatto positivo nella trasformazione sostenibile del business. Uno spunto importante è rappresentato dal crescente interesse dei consumatori rispetto all’utilizzo responsabile delle risorse idriche e al rispetto della biodiversità all’interno delle loro scelte di acquisto, e al fatto che questi siano disposti a corrispondere un prezzo maggiore per servizi/prodotti più sostenibili, quanto più la risorsa in questione è scarsa nel territorio.

Carlo Giupponi, Direttore del Programma sull’Adattamento ai Cambiamenti Climatici, FEEM e Professore di Economia Ambientale e Applicata all’Università Ca’ Foscari di Venezia e Venice International University, ha poi approfondito la relazione tra attività economiche e acqua, comprendendo la bidirezionalità di questi rapporti. L’Agenda 2030 ONU e il Global Biodiversity Framework sono i due riferimenti concettuali che guidano l’azione delle imprese nell’approccio all’uso efficiente e responsabile delle risorse idriche. È necessario un approccio partecipato – che coinvolge tutti i principali stakeholder e integrato – che considera congiuntamente le diverse dimensioni e ne fa una sintesi. Un ambito di ricerca molto esplorato, che coniuga biodiversità e acqua è quello che analizza le zone umide e la capacità di attirare investimenti sulla biodiversità, il ripristino e la conservazione di queste aree. In generale, l’utilizzo delle risorse naturali richiede la trasformazione dei sistemi socioeconomici, con efficienza, efficacia e cautela, consolidando la cultura della gestione dei rischi.

A completare il quadro, alcune imprese italiane aderenti allo UN Global Compact – Enel Group, Eataly, Mantero Seta e Aeroporti di Roma – hanno condiviso esperienze concrete, volte ad evidenziare opportunità e sfide, nell’ottica dello scambio e del miglioramento continuo.

L’incontro, che ha visto la partecipazione di quasi 40 partecipanti in presenza e oltre 110 online, cade in un momento di massima attenzione sulle tematiche ambientali, a poche settimane dalla conclusione delle due COP16 di Cali sulla Diversità Biologica e COP29 di Baku sui Cambiamenti Climatici, che hanno evidenziato ancora gap significativi a livello di ambizione nell’implementazione degli obiettivi fissati e di investimenti richiesti per raggiungerli.